lunedì 2 agosto 2010

CALMA



La domenica mattina di questo periodo la Milano Torino è una lingua di fuoco in fermento.
Se il Venerdì o il Sabato sono i giorni dell’esodo, di quelli che vanno via da Milano per qualche settimana, la domenica è il giorno di chi va via per una giornata.
Alle 9 del mattino l’autostrada è già piena, così come i banconi degli autogrill che servono quantità infinite di cornetti e cappucci.
Si attraversa uno dei lati del triangolo industriale.
Ex triangolo.
GE-MI-TO .
A leggerlo adesso quest’acronimo suona beffardo, ingiusto.
Negli anni 60 doveva essere un grido d’esaltazione collettivo.
Su entrambi i lati corre la pianura, i terreni a perdita d’occhio tagliati dalla linea dell’alta velocità sorta a velocità contraria ma sorta.
Si corre verso i fiumi, da una striscia d’asfalto a una d’acqua.
Si va verso il Sesia, l’Adda, il Ticino.
Ogni comitiva conosce un’isola segreta lungo il corso di questi fiumi quasi in secca. Dove la poca acqua fresca e apparentemente pulita ristora gli abitanti della pianura.
Per raggiungerla sacrificano il sonno anche la domenica.
Si alzano alla stessa ora del resto della settimana.
Quando si è in strada si guarda da macchina a macchina.
Basta un attimo per controllare il tipo di vestiario, la faccia, eventuali attrezzi nell’auto dell’altro per capire quali siano i suoi progetti, e se sono simili ai propri, tocca dare una bella accelerata, perché il tipo, potrebbe avere in mente proprio la stessa isola segreta.
E’ l’incubo del traffico, delle code, delle attese, della scomodità che contagia pure un giorno di vacanza.
La medicina è sempre la stessa: la fretta, l’efficienza.
Sbattersi per non avere sbattimenti.
Al massimo alle 10 i ciottoli scoperti dei fiumi in magra sono già arroventati.
Sopra queste distese pietrose sono disposti ombrelloni colorati e seggiole e barbecue fumanti, già a quell’ora del mattino.
Intorno e sotto le loro ristrette brulicano i fuggitivi della domenica.
Le famiglie con fornelli da campo e piscine gonfiabili per i bambini la fanno da padrone.
Comandano loro.
A qualsiasi ora si arrivi loro sono già lì.
Qualcuno di loro era lì alle prime luci dell’alba per montare l’occorrente, così presto da avere anche il tempo di una pennichella prima dell’arrivo del resto della comitiva.
La loro allegrezza, la tenerezza dei giochi con i piccoli stride fortemente con i loro sguardi, con i loro ghigni, che sono ruggiti, quando il vento cambia e porta il fumo verso il loro accampamento o quando qualche ragazzotto indisciplinato manda una pallonata ad una delle donne stese a prendere il sole.
E’ tutto calmo ma di una calma fragile.
Le varie tribù urbane di vacanzieri si scrutano, mandano segnali in codice per delimitare spazi, spazi che non devono essere assolutamente invasi.
Vicino le famiglie ci sono gruppi di ragazzi, operai per lo più: muscolosi, tatuati, con piercing sui capezzoli, sui sopraccigli, sulle lingue.
Sono quelli che iniziano a cucinare per primi, quelli che hanno più alcol di tutti.
Prima di mezzogiorno l’ebbrezza li ha già conquistati.
Un paio di loro inscena una finta rissa ai bordi del fiume con tanto di caduta finale nell’ acqua e proseguimento dello scontro tra schizzi e urla soffocate.
Dalla collinetta pietrosa immersa nell’afa altri li osservano: hanno lo sguardo nascosto da spessi occhiali da sole, il sorriso feroce, come quello di bambini soldato.
Una canna in una mano e la birra in un'altra, mentre un bambinetto di neanche 4 anni gioca pericolosamente vicino i tizzoni nell’ indifferenza del padre e della madre poco più che ventenni.
Ad un’ altro tavolino da picnic un altro gruppetto di ragazzotti gioca a poker, sotto un’ ombrellone delle Heineken.,
Al posto delle fiches hanno piccole quantità di cocaina, divise in minidosi.
Chi perde offre una sniffata.
Le loro donne stanno quasi tutte in gruppo.
Stese al sole oppure sotto un gazebo a parlare e fumare.
Dal tavolo del poker si alza di scatto un uomo più adulto, sui quarantacinque.
Ha il fisco un po’ cadente ma si vede che prima era stato come quei ragazzi.
Ha anche lui dei tatuaggi.
Sembrano fatti negli anni 80, sono di un colore tra il verde e il blu, sbiaditi.
Va verso una ragazza seduta in disparte.
Sembra sud americana dall’ aspetto.
Le si avvicina a passo deciso e poi con dolcezza la invita sotto l’ ombrellone del poker e della cocaina.
Lei lo segue incerta, frastornata.
Indossa un bikini nero e ha gambe lunghe e muscolose.
I ragazzotti sotto l’ombrellone si ghiacciano man mano che l’uomo avanza verso di loro con la ragazza.
Si ferma a fianco dell’ombrellone del poker, su una piccola duna sabbiosa da dove vede tutto il suo accampamento.

- Siete tutti tatuati, siete palestrati, fate i duri a quel cazzo di tavolo e poi…..lasciate in disparte una ragazza così….Siete senza palle…duri e finocchi…Avete fatto le tribù delle donne e degli uomini,non sapete un cazzo…lasciate le vostre donne 2 ore sotto il gazebo e vi guardate i muscoli..Con la vostra razza finisce tutto, tra un po’ non avrete più voglia neanche di scopare!
Ma non vi preoccupate ragazze, a me quella voglia non passa!

Rimane a fissare per un po’ in silenzio tutti gli altri che sono rimasti muti.
Li scruta, li guarda negli occhi ad uno ad uno.
La pelle del suo viso è abbronzata e le rughe intorno agli occhi hanno lasciato delle striature più chiare che gli conferiscono uno sguardo rapace.
Intanto la ragazza sudamericana non sa che fare.
Nessuno la guarda ma ha sensazione che tutto il mondo lo faccia proprio in quell’istante.
Non sa dove mettere le braccia.
Poi l’uomo si gira di nuovo verso di lei la guarda con occhi liquidi, pieni di dolcezza, le mima il gesto di levarsi un cappello inesistente e se ne va prendendo una birra dal tavolo del poker, verso il fiume.
 
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