lunedì 17 maggio 2010

SETE


Corso Buenos Aires un pomeriggio di maggio tiepido e grigiastro.
Come certi cieli asiatici che scaricano una perenne umidità.
Stiamo sotto a un gazebo a raccogliere firme per impedire la privatizzazione dell’acqua.
Gente di fretta anche nel giorno dello shopping: rallenta, si avvicina, vuole sapere, capire meglio.
E’ disposta a sottoscrivere ma vuole essere sicura di non mettere il proprio nome per qualcosa che non condivide.
E’ diffidente. Almeno all’inizio.

Quelli che con passo deciso si siedono e tirano fuori il documento sono pochi: sono quelli che seguono il problema, che leggono, ascoltano, vedono..
In una parola si sovrainformano.
Arriva una coppia di coniugi di un paese del sud dove l’acqua è già privata.
Ci parlano degli aumenti repentini, della gente incazzata e tradita.
Si ferma un operaio dell’acquedotto di Milano, un paio di migranti sudamericani che ci ricordano la Bolivia e le guerre dell’acqua.
Arriva un padre di famiglia, molto energico ed esuberante, dichiara di essere di estrema destra, ironizza sul nostro abbigliamento “no-global” e firma anche lui, con rabbia, dicendo che l’acqua non è una questione politica ma di buon senso.
Dopo aver firmato, alcuni ringraziano, alcuni se ne vanno in silenzio, altri ancora chiedono sorridendo se possono fare più di una firma.

La città, nei suoi anfratti è viva, come sempre.
Emerge dal nulla di una strada dello shopping, nella frenesia rallentata di un sabato qualunque che in un'altra occasione sarebbe stato da buttare, uguale ad altri, consumati nel girare le vie del consumo.
Milano a volte ha anche il tempo di rallentare, di indignarsi, di essere stanca e incazzata come tutto il Paese, per mille motivi diversi.

Dare da bere agli assetati.
Basterebbe un mandala che dica queste parole, percepito in tutti i quartieri, tutte le strade, per toccare le corde cattoliche delle anime italiane e bloccare anche solo l’ idea di privatizzare l’acqua.

Dall’altra parte della strada, vicino l’entrata della metro un fioraio ha attaccato un foglio A4 sul suo chiosco, dice :
“Non si danno informazioni”
Per tenere alla larga chi ha sete di sapere.

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