lunedì 24 maggio 2010

PER UNA NOTTE INTERNAZIONALE



Milano. Piazza del duomo.
Sotto gli schermi giganti c’è un’umanità neroblu.
La stessa maglietta sopra pelli di vario colore.
Ad incitare l’ Inter si radunano 100.000 persone, in una serata calda, finalmente primaverile dopo un mese di pioggia tropicale.
Come la squadra che gioca ha calciatori provenienti da tutto il mondo, i tifosi formano una babele che parla contemporaneamente spagnolo, hindi, cinese, varie lingue africane e naturalmente italiano.
Si mischiano odori.
Il sudore effettivamente è quello principale, poi vengono quelli del cibo asiatico dentro vaschette argentate, di kebab, di hashish e marijuana, di birra, per metà bevuta e per il resto caduta per gli scossoni della folla.
Le persone però non si mischiano come fanno gli odori, restano ancora in gruppetti etnici: isole monotematiche di un arcipelago creolo che parla con un accento milanese esotico.
Bagnati dalla stessa passione si lambiscono ancora a fatica ma sembra si guardino con occhi diversi.
Un mare nostrum calcistico li identifica.
Ci sono africani con magliette di Stankovic e slavi che indossano quella di Balotelli, si strattonano e si abbracciano quando Milito mette dentro il primo e il secondo gol della serata mandando in estasi tutti quanti e inorgogliendo i sudamericani che sono tra i più numerosi.
Ci sono anche tifosi di altre squadre camuffati da interisti.
Sono venuti da sportivi, senza gufare, per vedere una cosa che non succedeva da 45 anni.
Un anziano grida di essere ambrosiano dal 1949.
Uno juventino confessa sottovoce la sua colpa.
Una coppia di romani è felice di tradire la lupa e di stare in piazza del duomo.
Milano per una notte assomiglia a Roma e a Buenos Aires.
La piazza fa fatica a svuotarsi, la folla continua a rumoreggiare anche dopo il fischio finale, s’incammina verso il parco Sempione e si butta nella fontana del castello.
Non c’è polizia, le stazioni della metro sono prese d’assalto e i controllori non oppongono resistenza quando gruppi di invasati di gioia scavalcano i tornelli e corrono via senza pagare.
Milano latina, mediterranea, vive un’allucinazione collettiva che da un campo di calcio libera in ogni stradina, dal centro splendente di luci alle periferie appena illuminate, scariche di adrenalina e follia.
Via Padova è un enorme bivacco che ha il suo centro perfetto in piazzale Loreto dove le macchine impiegano 20 minuti a fare la rotonda e prendere i vari viali che si ramificano da lì.
Proprio qui qualche mese fa una rissa finita in omicidio aveva fatto puntare il dito e le armi contro le comunità straniere che ci abitano uniformandole sotto l’etichetta di criminali e assassini.
Per una notte sembra tutto tranquillo, come se nessuno avesse orecchie e occhi per notare diversità anziché uguaglianze.
Un paio di ragazzi arabi prendono al volo una bottiglia di birra da una macchina di italiani. Fanno due sorsate a testa e la buttano via, ridono come pazzi.
Per questa sera forse Allah gli perdonerà la trasgressione.
Hanno entrambi una maglietta dell’Inter con il loro nome stampato sulla schiena.
In arabo.

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